“A livello comunale Lega, Fratelli d’Italia e liste collegate hanno sempre osteggiato la mobilità sostenibile”: così afferma su Facebook il sindaco di Collegno Francesco Casciano, prima di prendersela col Governo.
Non è ben chiaro come i due partiti a livello locale abbiano osteggiato la mobilità sostenibile (non risultano agli atti mozioni contro la mobilità sostenibile, nè presentate nè tantomeno approvate; e uno dei due partiti non è nemmeno in consiglio comunale), nè si capisce quali siano queste fantomatiche “liste collegate”, considerando che alle ultime elezioni locali il centrodestra schierava 4 simboli dei partiti (Lega, Fratelli d’Italia, Forza Italia e Popolo della famiglia) e nessuna “lista collegata”. Svista? Errore voluto?
Fatta questa premessa, è evidente che la mobilità attuale di Collegno è, nel bene ma soprattutto nel male, frutto delle scelte dei 10 anni circa di mandato del sig. Casciano. Basterebbe chiedere a qualsiasi collegnese se con i milioni di euro di soldi pubblici spesi la mobilità sia migliorata o peggiorata. La risposta sarebbe scontata. Il tutto con strade… da dimenticare.
Eppure la posizione di molti soggetti politici, di molti cittadini e anche di Collegno Rinasce è chiara: sì alla mobilità sostenibile (che non è solo bici e monopattini ma anche trasporto pubblico locale), no alla mobilità sostenibile fatta male come accade a Collegno.
Le piste ciclabili vanno fatte dove servono, non perchè si sono ottenuti fondi e serve spenderli a qualsiasi costo. Chiunque ricorda le richieste (inascoltate) dei cittadini su Via Losa, una ciclabile che spunta nel nulla (e che infatti non vede grande traffico di bici) e che ha semplicemente peggiorato la viabilità della zona.
Altre ciclabili hanno tratte contorte (si pensi alla Via Vandalino, dove il tratto tra via Castagnevizza e via Bligny ha una ciclabile per lato, il tratto tra via Bligny e via Adamello ha un tratto solo verso la scuola – e poi come si torna? -, il tratto tra via Castagnevizza e via Podgora è su un lato solo a due sensi di marcia e il tratto tra via Podgora e via Macedonia non ha ciclabile ma solo qualche pennellata di vernice tratteggiata per terra) con tre o quattro soluzioni diverse nell’arco di poche decine di metri.
Si pensi alle ciclabili sviluppate senza tenere conto di come altri utenti della strada potrebbero comportarsi (ad esempio la mancanza di ferma-ruota sui parcheggi a spina di pesce), le riduzioni di carreggiata che creano ancora più ingorghi quando si sarebbero potuti realizzare percorsi diversi, la realizzazione di piste ciclabili eliminando prato verde quando esistevano già percorsi asfaltati di lunghezza identica, o le piste che finiscono nel nulla a mostrare una visione tattica e parziale del territorio senza una vera visione strategica.
Nel frattempo i paladini della mobilità sostenibile spendono mezzo milione di euro per togliere altro prato e fare un parcheggio, annunciano progetti che spesso sono un flop (chi ricorda del GruCo, partito come bicibus continuativo e trasformato in un paio di sgambate con cargo bike, giusto il tempo delle foto per Facebook?) oppure rimangono sulla carta (le famose rastrelliere per bici nelle scuole? Nella scuola più nuova che abbiamo a Collegno – talmente nuova da non essere ancora finita dopo 6 anni – non c’è nessuna rastrelliera interna, nel frattempo spuntano le infiltrazioni d’acqua) oppure ancora cadono nel dimenticatoio una volta inaugurati (provate a chiedere quanti utenti ha questo car pooling, escludendo chi gravita nell’ambito dell’amministrazione).
Intanto lontano dai riflettori locali, si propone che tutti i cittadini vadano a piedi o in bici sotto i 10 km: molti genitori ricordano ancora l’arrivo con auto diesel (e autista?) all’inaugurazione della Matteotti, e l’uso di auto private e comunali inquinanti anche per appuntamenti a pochissimi chilometri dal palazzo civico. E’ rimasta lettera morta la proposta che siano gli amministratori a dare il buon esempio e smettano immediatamente di usare l’auto sotto i 10 km, mentre in 10 anni il parco mezzi comunale è rimasto – parole del mobility manager cittadino – “datato, inquinante e poco manutenuto“.
La grande pubblicità ai monopattini, altro tassello della strategia della distrazione con tanto di azzeramento delle tasse dovute e spese di gestione a carico dei cittadini, si è inceppata dopo che le grandi città europee hanno preso atto della pericolosità dei mezzi. Parigi li vuole eliminare e le “grandi democrazie nord europee” (per citare il sig. Casciano) hanno puntato su trasporto pubblico locale efficiente: ad Amsterdam per capirci, di monopattibi elettrici in sharing non se ne vedono.
A Collegno per fortuna non si registrano incidenti gravi (sebbene il comportamento non sia sempre irreprensibile), ma il tanto pubblicizzato sistema di geoilocalizzazione non ha la precisione necessaria, tanto che le critiche dell’Unione Italiana Cechi reperibili nel comunicato ufficiale sono state tagliate nel giornalino della città.
Intanto il TPL – qui sì che dovremmo imparare dall’estero – non è tra le priorità: in prima fila a fare le foto su progetti nazionali e sovra-comunali (esempio lampante: il prolungamento della metropolitana, su cui l’amministrazione locale non ha alcun merito) ma pronti ad esimersi dalle responsabilità quando c’è da risolvere problemi. Leggenda narra di una richiesta di inaugurare la stazione della metro prima delle elezioni, considerando che il nuovo tratto non sarà funzionante prima del 2025, nel frattempo le scale mobili sono ferme e la velostazione Fermi è in ritardo.
Si pensi alla carenza di linee pubbliche funzionanti sul territorio (bussare a Savonera, la frazione dimenticata che in decenni non è stata collegata con la città, o a Villaggio Dora storicamente poco servito), alle scale mobili delle stazioni di Fermi e Paradiso, quest’ultima ferma da oltre due anni nel silenzio totale dei paladini della mobilità sostenibile. “Colpa di GTT, non è gestita da Collegno” il mantra, salvo poi scoprire che in città metropolitana c’è il PD, all’agenzia della mobilità c’è il PD e alla GTT la situazione è quella descritta dal Corriere. Un po’ troppo per dire “non possiamo farci nulla”.
Prima di dare lezioni nazionali, forse sarebbe utile guardare cosa succede a livello locale: Collegno dichiarata dall’Istat città vulnerabile, con un indice di vulnerabilità superiore alla media nazionale e dunque (disperatamente) bisognosa di fondi PNRR per cercare di riportare in carreggiata una città che negli ultimi 10 anni è vistosamente sbandata verso il baratro.
Si inizi a dare il buon esempio a livello locale e a lasciare ai cittadini una città migliore di quella che c’era, perchè questa dovrebbe essere la missione prioritaria dei politici locali. Meno foto su Facebook, più risultati concreti per i cittadini collegnesi, stanchi di questa campagna elettorale perenne che racconta una realtà inesistente.