piazza pertini

“Il 21/07/2022 si esprimeva l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi di bonifica a firma dei geologi [omissis]”: con questa frase secca e asciutta viene dato atto che la bonifica dell’area di piazza Pertini, a più di 20 anni dalla costruzione degli edifici civili, non può raggiungere gli obiettivi prefissati. E gli obiettivi riguardano la salute delle persone che abitano nella zona.

Per ricostruire la storia serve andare indietro di 25 anni: nel 1998, durante la fase di esecuzione dei lavori preliminari per la costruzione di una serie di edifici a destinazione residenziale, venivano individuati due punti con rifiuti di natura imprecisata. Nel settembre dello stesso anno, però, gli operatori comunicarono di aver trovato terreni contaminati da solventi organo-clorurati e da metalli pesanti.

A gennaio 1999 venne definito il piano di bonifica dei terreni su indicazione di Arpa, bonifica che iniziò nell’ottobre del 1999. A marzo del 2000, nel corso dei controlli per verificare l’esito della bonifica dei terreni, venne evidenziato che anche nell’area “B” si riscontrava la presenza di solventi organo-clorurati, all’interno della matrice del terreno su cui dovevano sorgere le abitazioni.

Così nell’agosto 2000 l’Arpa inviò le prescrizioni ai costruttori: in particolare l’attivazione di una rete di monitoraggio dei vapori nel sottosuolo dell’area sottoposta a bonifica nonché all’interno dei locali interrati e dei sottoservizi relativi agli insediamenti presenti ed in fase di costruzione e l’adozione di interventi di messa in sicurezza del sito finalizzati a garantire condizioni di sicurezza per la salute pubblica, con particolare riferimento alla migrazione di sostanze in fase vapore nel sottosuolo ed in atmosfera.

Si arriva così alla fine del 2001, quando l’impresa costruttrice inviava la documentazione a firma dei geologi per la variante in corso d’opera, comprese le lavorazioni suggerite dell’Arpa per la tutela della salute pubblica. Nel maggio 2002 la Provincia di Torino (oggi Città Metropolitana) ribadiva ai cosatruttori le prescrizioni, e nel settembre 2002 a seguito di campionamenti effettuati nell’area, veniva comunicato un superamento dei valori di concentrazione limite accettabile nelle acque sotterranee di alcuni inquinanti.

L’amministrazione comunale imponeva così ai costruttori di inviare entro febbraio 2003 un nuovo piano che tenesse conto di tutte le novità emerse dalle verifica Arpa rispetto all’inquinamento del suolo e delle acque, in particolare  della “estensione e grado di inquinamento delle componenti ambientali suolo, sottosuolo e porzioni di acqua sotterranee e superficiali”.

Il nuovo piano preliminare di bonifica veniva presentato nel gennaio 2004 e approvato nel maggio 2004, il piano esecutivo arrivava solamente tre anni dopo e approvato nel maggio 2007. Passano gli anni e si arriva così al 2015, quando i costruttori inviarono al comune una proposta per il miglioramento del sistema di Soil Vapor Extraction (SVE), ovvero gli eventuali vapori inquinanti sprigionati dal sottosuolo. Proposta approvata nel giugno 2015.

Nel gennaio 2020, i costruttori inviarono al comune un aggiornamento delle attività svolte tra febbraio 2018 e ottobre 2019, con comunicazione che avrebbero proseguito per ulteriori 12 mesi. A marzo 2020, il comune dava parere positivo. L’anno successivo – siamo a marzo 2021 – il comune chiedeva un aggiornamento sull’attività di monitoraggio. E qui la doccia fredda: “veniva presentato con prot. n. 50694 del 21/07/2022 nuovo aggiornamento delle attività di bonifiche nel quale si esprimeva l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi di bonifica a firma dei geologi [omissis] e [omissis]”.

E così ad agosto 2022 la città chiedeva un nuovo piano (visto che il vecchio piano non era realizzabile) e la città metropolitana nell’aprile 2023 chiedeva informazioni sul monitoraggio. Ad ottobre 2023 i geologi presentavano un nuovo documento, discusso in una riunione nel novembre 2023. Poche serttrimane fa, l’ARPA scriveva che ““al momento non sussistono le condizioni per lo spegnimento degli impianti. Si ritiene che gli stessi possano essere temporaneamente disattivati esclusivamente al fine di effettuare monitoraggi atti alla progettazione/ridefinizione di un intervento di bonifica integrativo“.

A gennaio 2024, la città di Collegno decide di “respingere il documento “Integrazione della Analisi di Rischio (anno 2007) approvata con D.D. n. 381 del 25/05/2007”, ovvero 17 anni prima. L’amministrazione chiede inoltre la redazione del piano di monitoraggio e il conseguente aggiornamento dell’Analisi di rischio nel rispetto delle prescrizioni indicate nel parere della Citta Metropolitana di Torino e dell’ARPA Piemonte.

Cosa dice l’ARPA rispetto alla salute? Sostanzialmente l’indicazione data consiste nel divieto di realizzazione di ambienti indoor all’interno del sito in oggetto (in ambienti chiusi il rischio per salute aumenta, ad oggi non ci sono edifici costruiti o in costruzione), nel divieto di realizzazione di edifici ad una distanza inferiore ai 30 metri rispetto alla sorgente di contaminazione (gli attuali edifici residenziali sono a più di 30 metri), nel divieto di utilizzo con presenza continuativa in ambienti a diretto contatto col suolo (ad oggi nei garage e nelle cantine l’esposizione è temporanea). Eppure il documento dell’ARPA sottolina che “il lato sud-ovest della sorgente, in base ad alcune verifiche cartografiche, risulta posto a circa 18 m dagli edifici residenziali”, che richiederebbe anche una valutazione del rischio in ambienti chiusi essendo sotto i 30 metri.

Prima di spegnere il sistema SVE dei vapori, la città metropolitana ne subordina lo spegnimento all’avvio di un piano di monitoraggio relativo alla presenza di vapori nel sottoosuolo, in aree esterne e negli ambienti indoor per minimo due anni, oltre che alla verifica permanente del mantenimento delle condizioni di rischio accettabile generato dal terreno contaminato ancora presente nel sottosuolo. Una delle indicazioni riguarda infatti la presenza di vapori inquinanti nella porzione di sito oggetto della copertura con terreno a bassa permeabilità, dunque più soggetto a far passare eventuali vapori.

Entro metà marzo, i costruttori dovranno inviare al comune, alla provincia e all’Arpa un nuovo documento con un piano di messa in sicurezza permanente, che che contenga già al suo interno le eventuali proposte correttive da adottare qualora le risultanze del monitoraggio evidenzino un peggioramento delle condizioni ambientali.

L’appuntamento è dunque fissato per aprile 2024, quando si conosceranno le condizioni ambientali dell’area e qual è il piano perchè il sito sia finalmente messo in sicurezza una volta per tutte dopo 25 anni. Collegno Rinasce continuerà a seguire la vicenda e informare i cittadini: quando si tratta di salute, sindaco e assessori dovrebbero metterci la faccia e andare a spiegare alle persone cosa succede e quali sono le soluzioni proposte, invece di fare feste e pastasciutteantifassiste da mettere su Facebook.

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