Ecco in anteprima come potrebbe diventare l’area dell’ex stazione filobus di Collegno, all’altezza di Corso Francia 148 nel quartiere Regina Margherita a ridosso di Santa Maria. Una trasformazione che prevede la realizzazione di edifici commerciali, residenziali e di servizi proprio a ridosso della nuova stazione della metropolitana M1.

Il complesso immobiliare, che era di proprietà della Città di Torino (87%) e Città Metropolitana di Torino (13%), è ubicato in corrispondenza dei civici 144 e 148 del corso Francia di Collegno, e si compone di edifici e ampie aree pertinenziali (su parte delle quali si svolge il mercato cittadino) per un totale di quasi 19mila metri quadri di cui 7mila occupati da 6 edifici:
    • una palazzina elevata a tre piani fuori terra, oltre a porzione di piano interrato, adibita a suo tempo ad uffici, alloggi, portineria ed accessori;
    • un fabbricato elevato a un piano fuori terra a doppia altezza, oltre ad un piano interrato (ex centrale di conversione elettrica);
    • un fabbricato elevato ad un piano fuori terra, oltre a porzione di piano interrato (avente accesso da cortile interno), adibito a suo tempo a magazzino e locali ad uso del personale (spogliatoi, servizi igienici, refettorio, etc);
    • un capannone industriale elevato ad un piano fuori terra, adibito a suo tempo a rimessaggio e manutenzione dei mezzi;
    • un basso fabbricato elevato ad un piano fuori terra, distaccato rispetto agli edifici di cui sopra, ubicato al centro del piazzale che attualmente ospita le attività del mercato rionale (già destinato a stazione di lavaggio dei mezzi);
    • un basso fabbricato elevato ad un piano fuori terra, distaccato rispetto agli edifici di cui sopra, posto al confine orientale del lotto, ad uso box e deposito.

Nel 2019, l‘area è andata all’asta nel più ampio progetto di dismissioni della Città di Torino. Il soprintendente alle belle arti Luisa Papotti, nell’agosto del 2019, diede il via libera all’alienazione (ovvero alla vendita) pur ponendo alcuni vincoli poiché riveste “interesse culturale” come “testimonianza consistente di una importante infrastruttura di utilità pubblica a livello provinciale” (come scritto dalla Sopraintendenza già nel 2015):

In particolare, il progetto dovrà rispettare il punto 5 su destinazione d’uso commerciale e terziario, residenziale privato, residenziale pubblico, piazza pubblica o mercatale, mantenendo le caratteristiche identitarie e le esigenze di pubblica fruizione.

Le aree indicate in rosa con C sono le aree commerciali, in verde S i servizi (tipicamente parcheggi, fuori terra o interrati) e in azzurro R le aree residenziali.

Come sempre, terremo aggiornati i lettori di Collegno Rinasce sugli sviluppi di questo progetto di trasformazione!

Per i lettori più curiosi, un po’ di foto e cenni storici tratti dal sito della Città di Torino:
Le prime notizie relative alla realizzazione di una strada ferrata di collegamento tra Torino e Rivoli risalgono al 1853. Nel febbraio del 1871 iniziarono i lavori per la realizzazione della “ferrovia a vapore a scartamento ridotto” (900 mm). La linea si sviluppava per circa 12 km secondo un tracciato rettilineo e percorreva la quasi totalità di corso Francia. Venne inaugurata il 17 settembre del 1871, partiva dall’incrocio tra il corso principale e l’attuale via Principi d’Acaja e terminava presso il confine del comune di Rivoli. L’intero percorso si completava in circa 45 minuti.

Dopo svariati passaggi nel 1909 nacque il Consorzio per la Tranvia Torino Rivoli (da parte dei comuni di Torino, Rivoli e la Provincia di Torino) che ne rilevò la concessione. Lo scopo era quello di trasformare la linea a vapore in “tranvia elettrica a scartamento ordinario” (1445 mm). La nuova tratta venne inaugurata il 19 novembre 1914 ed il percorso si completava in 35 minuti circa.
Le prime realizzazioni edilizie del comprensorio di corso Francia, nella fattispecie i fabbricati a tre p.f.t. adibiti ad uffici e ad abitazioni e quello, più basso, della sottocentrale di trasformazione, sia per tipologia costruttiva che per caratteristiche architettoniche, in assenza di riscontro di tipo archivistico, possono ragionevolmente essere collocate verso la fine del primo decennio e l’inizio del secondo decennio del ‘900.

La palazzina a tre p.f.t. che prospetta la viabilità principale è costituita da un corpo di fabbrica di forma rettangolare ed è composto da due porzioni simili, facilmente distinguibili dalla facciata principale. La prima, adibita ad uffici e ad alloggi, è pressoché simmetrica rispetto alle finestrature centrali, l’altra completa il corpo compatto con una forma quadrata ed era utilizzata come accettazione del transito verso il magazzino. Il prospetto si presenta uniforme e sostanziale, un ampio basamento, trattato a finto bugnato, sottolinea il piano terreno mentre verticalmente è ripartito da cinque lesene con basamento a due ordini di altezza. Le finestre sono modulari e sottolineate da cornici geometriche e lineari.

Il locale che veniva utilizzato come “centrale di conversione”, è ubicato nella parte retrostante la palazzina di cui si è detto, in continuità fisica con la stessa. Essa rappresenta forse la porzione più caratteristica dell’insieme architettonico. Il prospetto, dal gusto industriale, si affaccia verso il cortile interno con ampi finestroni con cornice a tutta altezza, il volume compatto è concluso da una balaustra continua con ampio frontone circolare. Internamente lo spazio è a doppia altezza, verso l’alto si susseguono esili capriate in cemento armato a sostegno della copertura su due livelli, quello centrale piano più alto e quelli laterali, inclinati, a formare shed continui garanzia dell’ingresso della luce dall’alto.

Risalente ad un periodo successivo, ma comunque antecedente alla seconda Guerra Mondiale è la porzione di capannone destinata al deposito mezzi caratterizzata da tre campate, di cui quella centrale leggermente rialzata a formare uno shed. Tale porzione, costruita in aderenza alla palazzina uffici misura 65.30 metri di lunghezza per 28,95 metri di larghezza. Il prospetto si presenta continuo, ed interrotto solo in corrispondenza dell’ingresso carraio nella parte adiacente alla palazzina uffici. Ampi finestroni rettangolari, incorniciati da un lieve sfondato che si conclude ad arco ribassato, si susseguono con cadenza uniforme. L’interno è composto da tre successivi spazi; due laterali di minore respiro ed uno centrale più alto con finestre capaci di assicurare l’ingresso della luce naturale.
Nel 1955 venne definitivamente chiusa la tranvia, sostituita dai nuovi filobus. La necessità di allargare la sede stradale, in modo da poter contenere il traffico automobilistico che andava aumentando in maniera considerevole, unita alla dismissione della tranvia, portarono inevitabilmente alla definitiva demolizione della storica linea ferroviaria. Nel medesimo anno il “Consorzio per la tranvia Elettrica Torino Rivoli” chiese il permesso per “ampliare il capannone industriale per deposito auto-filomezzi e la costruzione padiglione a parte per servizio lavaggio filobus”. Il disegno, firmato dall’ing. Felice Bertone prevedeva: di allargare il capannone esistente addossandogli un’ulteriore manica di 65.30 per 20.80 metri, di rimaneggiare la porzione di magazzino già in essere, quella a ridosso della palazzina, inserendo 4 nuovi portali con trave in reticolare di cemento armato a sostegno della vecchia copertura, in modo tale da poter eliminare i pilastri centrali e garantire l’accesso carraio direttamente dal corso principale e, infine, di realizzare un ulteriore fabbricato, esterno al complesso edilizio, al centro del piazzale di proprietà, necessario per il lavaggio dei mezzi.


La nuova manica di capannone di cui si è detto, posta in continuità fisica e formale con il più vecchio, destinata anch’essa a deposito è caratterizzata dalla presenza di capriate trasversali equidistanti in cemento armato, della luce di 19.60 metri che formano l’orditura principale, mentre altre tre corrono longitudinalmente. Le solette di chiusura sono posizionate alternate, a volo di farfalla, in modo tale da aprire scorci di luce in entrambi i sensi.
Successivamente, nel 1960, il Consorzio presentò un progetto, di minore entità, per la realizzazione di una tettoia, a ridosso dei fabbricati esistenti ed in prossimità del confine di proprietà da utilizzarsi come box. Nel 1961 l’ing. Norberto Vairano chiese, sempre per conto della proprietà, di realizzare un ulteriore capannone in aderenza a quello precedente e dei nuovi locali, attigui, ad uso magazzino e servizi per gli operatori.