Mentre tutta la Pubblica Amministrazione si avvia al ritorno in ufficio su indicazione del ministro Brunetta (tanto da generare qualche malumore tra i dipendenti della Città di Torino e della Regione Piemonte, richiamati dal 15 novembre in ufficio al 100%), la giunta collegnese lavora alla possibilità di telelavoro per i dipendenti comunali.
E’ stata infatti portata all’approvazione della Giunta la proposta per il disciplinare che regolerà il telelavoro collegnese. Nella bozza di contratto collettivo decentrato integrativo si legge che “l’Amministrazione intende realizzare progetti di telelavoro sperimentale, poiché si ritiene che questo costituisca una modalità di lavoro in grado di introdurre nella pubblica amministrazione soluzioni organizzative che migliorano la qualità delle prestazioni, l’ottimizzazione delle risorse umane e tempi di lavoro meno rigidi e meglio rispondenti alle esigenze individuali e della vita extra lavorativa”:
Lo scopo dichiarato dei progetti sperimentali di telelavoro – che possono durare al massimo due anni – è quello di “realizzare economie di gestione attraverso l’impiego flessibile delle risorse umane”, ovvero generare risparmi (“economie di gestione”).
Un risparmio che però non sembra emergere dalle righe successive del documento: ricevuta la proposta del dirigente, il responsabile del personale “verificherà la copertura finanziaria“, ovvero se ci sono i soldi necessari ad attivare il progetto. Dunque, in linea di massima, è già previsto che non ci sia una “economia di gestione” ma che i progetti siano un costo?
Il dipendente dovrà tornare in ufficio almeno 1 giorno a settimana, mantenendo la propria postazione di lavoro nell’ufficio di competenza. Saranno realizzate postazioni a rotazione, andando a diminuire la dotazione di postazioni dell’intero apparato comunale? Dal documento non si evince, anzi “presso l’Ufficio rimarrà disponibile e agibile per tutto il periodo della sperimentazione la postazione di lavoro del collaboratore temporaneamente in telelavoro” ovvero ci sarà una duplicazione di postazioni – una in ufficio, una a casa – con aumento dei costi per l’amministrazione, dunque per i cittadini.
Addirittura il contratto prevede una durata minima annuale “in considerazione dei non trascurabili costi gravanti sull’Amministrazione per l’allestimento della postazione di lavoro”, costi che non sono quantificati ma che guardando a casi simili si possono stimare in qualche centinaia se non migliaia di euro a postazione a seconda dei casi. Infatti nel “pacchetto” della postazione di telelavoro sono comprese non solo le dotazioni informatiche hardware e software (presumibilmente un computer portatile e le cuffie) ma anche se necessario tavolo e sedia a spese dell’amministrazione.
Postazione di telelavoro che “deve essere messa a disposizione, installata e collaudata a cura e a spese del Comune, sul quale gravano i costi di manutenzione e gestione dei sistemi di supporto per il lavoratore”.
E se il dipendente deve inviare documenti cartacei ai colleghi? Se non si può aspettare il rientro in ufficio, “sarà a carico dell’Amministrazione il trasporto, tramite vettori scelti dalla stessa, di documenti o materiale necessari per l’attività di telelavoro”. Insomma, sarà l’amministrazione a pagare eventuali corrieri.
Sarà il dipendente a scegliere l’orario di lavoro, garantendo due ore di presenza garantita: per il resto, potrà organizzarsi come meglio crede e dichiarerà le ore lavorate al proprio dirigente.
La connessione non va? “Le interruzioni nel circuito telematico, dovute a guasti o cause accidentali, e comunque non imputabili ai lavoratori, saranno considerate a carico del Comune” che dunque considererà come normalmente lavorate le ore perse per interruzioni telematiche. Sarà cura dell’amministrazione intervenire per risolvere il guasto, con costi a carico dell’amministrazione.
Ma c’è di più: la linea telefonica e la connessione telematica saranno pagati dall’amministrazione comunale. “Nel caso di telelavoro a domicilio – si legge nel documento – potrà essere installata una linea telefonica presso l’abitazione del lavoratore, con oneri di impianto ed esercizio a carico dell’Ente. I collegamenti telematici necessari per l’effettuazione della prestazione di telelavoro debbono essere attivati a cura dell’Amministrazione sulla quale gravano altresì tutti gli oneri di manutenzione“.
Entrano i ladri in casa e rubano le attrezzature? Gli apparati vengono persi senza colpa o dolo? I dati memorizzati sul computer vengono trafugati generando un danno? Sarà l’amministrazione a farsi carico dei costi, derivanti dalla perdita e danneggiamento degli strumenti di lavoro nonché dei dati utilizzati dal telelavoratore.
Tra le curiosità del documento, anche la procedura in caso di assemblee sindacali: visto che il dipendente non è in ufficio, il tempo speso per andare in ufficio in caso di assemblea sindacale sarà considerato orario di lavoro: “In caso di partecipazione ad assemblea sindacale, regolarmente convocata, il tempo che l’addetto al telelavoro impiega per recarsi sul luogo ove si tiene l’assemblea, viene considerato orario di lavoro”. Come se oggi venisse considerato orario di lavoro il tempo speso tra casa e l’ufficio.
Ovviamente siccome il dipendente è responsabile della propria salute e sicurezza e di quelle delle persone cheeventualmente si avvicinano alla postazione di telelavoro, l’amministrazione investirà soldi per la “formazione necessaria perché la prestazione di lavoro sia effettuata in condizioni di sicurezza per sé e per le persone che eventualmente vivono negli ambienti prossimi al suo spazio lavorativo”.
Una ulteriore spesa per le casse comunali arriverà dalla stipula di polizze assicurative che coprano i danni alle attrezzature, danni, furto, inclusi danni a cose e al lavoratore derivanti dall’uso delle attrezzature. La polizza coprirà ovviamente anche i famigliari. Tutte queste polizze saranno pagate con le “risorse destinate al finanziamento della sperimentazione del telelavoro”, ovvero soldi che l’amministrazione stanzierà per permettere il telelavoro.
Siccome il computer funziona con la normale corrente elettrica, “nel caso di telelavoro a domicilio, al lavoratore verrà erogata con cadenza annuale una somma lorda a titolo di rimborso spese per consumi energetici”. In sintesi, parte della bolletta la pagherà il comune.
Senza entrare nel merito del lavoro agile e della sua utilità, è evidente che i progetti sperimentali avranno un costo per l’amministrazione (e dunque per i cittadini). Mentre il documento proposta alla giunta parla di “realizzare economie di gestione attraverso l’impiego flessibile delle risorse umane”, i vari articoli del contratto chiariscono quali saranno i costi per l’amministrazione ma non mostrano in alcun modo quali siano le economie (i risparmi) di gestione a cui si mira. Insomma sono chiari i benefici per i dipendenti, ma non per i cittadini che pagano le tasse.
Sarebbe un bene che questo approccio fosse ampiamente dibattuto in consiglio comunale, e che il sindaco Casciano, insieme all’assessore competente in materia, mettessero nero su bianco i costi attesi e i risparmi attesi, in modo che i cittadini possano toccare con mano quali vantaggi arriveranno da questi progetti. Perchè, al momento, sembra di capire che di sicuro ci sono solo i (molti) costi.